domenica 22 aprile 2012

Sulla data zero

E' già passata una settimana e io sono ancora qui con le parole mozzate in gola, investita da un turbinio di emozioni che non riesco a far defluire. Riprendo il discorso lasciato in sospeso giorni fa, quando non volevo svelare troppo.
L'atmosfera in teatro è calda e intima, hanno aggiunto delle sedie ma in mezzo a tantissime persone scorgo molte facce conosciute, occhi accesi e sguardi luminosi. Mi siedo al mio posto, terza fila, vicino al corridoio centrale, cerco di trattenere l'ansia per l'attesa, torcendomi le mani. Infine si spengono le luci, si apre il sipario, sul palco alcuni teli bianchi che scendono giù. Marco recita un monologo di Woody Allen, sul percorso della vita al contrario e lo collego al suo voler tornare alle origini della sua natura artistica. Ecco, Marco forse si è sentito imbrigliato in una strada che non sentiva completamente sua, trascinato dagli eventi; proprio oggi ho letto un paragone con una Ferrari, sì, ma secondo me una Ferrari lanciata a tutta velocità in un sentiero in discesa e allora con molto coraggio e fermezza ha innestato il freno a mano e ha fatto retromarcia ( e qui trovo veramente il mio "guerriero impavido") cercando di rivedere tutto quello che crede di aver azzardato.
Questa scelta secondo me è il legame con quelle frasi sulla vita a ritroso.
Dopo intona Tonight, dimenticando le prime parole e i nostri occhi sono incatenati sulla sua immagine proiettata su un telo bianco, c'erano anche i musicisti? Non lo so, sono completamente rapita dalla sua voce e dal suono della tromba che la accompagna. Straccia il telo, appare elegantissimo ed emozionato.  
Dopo "Credimi ancora" sempre potente, la presentazione della band con quel suo modo scanzonato e comincia  a sciogliere un po' la tensione,  "Questa notte" tornata quasi alla versione originale,  "Solo", ancora più struggente e triste, mi ritrovo accucciata su me stessa, con le mani sulla bocca a trattenere il respiro fino alla fine, come sempre, più di sempre. L'applauso interminabile mi fa capire che non sono la sola a pensarla così. Ma un momento, non aveva detto che ci sarebberò state sonorità western? E in questa dove già le avevo sentite su disco dove sono finite? La prima cover, “Can’t help falling in love” di Elvis Presley ci lascia a bocca aperta letteralmente, sembra un divo del cinema anni '50, che interpretazione da brividi! La voce è calda, dolcissima, con toni bassi, misurati, vellutati. Mai avrei pensato che mi sarei trovata oggi ad ascoltare tremando una canzone di questo compianto artista!
Si continua con "Stanco" che mi sorprende per l'arrangiamento completamente nuovo, poi "Dall'inferno, e qui la platea esplode in un boato,che è cambiata: nonostante abbia abbandonato quel ritmo rock incalzante mi sembra molto più incisiva, avvolgente, sul finale si lascia spazio alle percussioni e anche Marco si dedica al jambè, mi confonde il contrasto della sua figura elegantemente vestita china su quello strumento etnico, con l'orecchio appoggiato mentre batte il ritmo con le dita magre per immergersi completamente nella musica.
Dopo è la volta di "Searching" che continua a piacermi come la prima volta che l'ho sentita e de "L'equilibrista" ...resa ancora più emozionante oltre che dai nuovi strumenti, anche dalla rappresentazione dell'instabilità data dalle mani di Marco contro la parete di tela. "Guardatemi per un momento, nonostante tutto io sono sempre comunque lo stesso", perchè ogni suo gesto, ogni parola, non è casuale, ma dettata dal cuore e da ciò che vive in quel momento. Inizia "Solo Bolero" che velocemente si trasforma in "Innuendo", voce, nacchere e chitarre, in un ritmo incalzante  e coinvolgente che ci lascia tramortiti ma non ci dà il tempo di respirare che attacca Psycho Killer con tanto di acuto tenorile finale! E infine "Tanto il resto cambia", non più urlata ma resa più melodica e a tratti sussurrata, dolente e rassegnata, perchè un giorno ci svegliamo e capiamo che si può camminare di nuovo, andare avanti anche con qualche cicatrice all'anima. Nel secondo ritornello, quando Marco vocalizza mi ricorda moltissimo "The great gig in the sky" dei Pink Floyd, ho forse le traveggole?
La pausa di un quarto d'ora mi vede in preda al batticuore ancora incredula per lo spettacolo raffinato e intenso a cui ho assistito fino a quel momento.
La seconda parte si svolge in un clima più rilassato e movimentato, Marco si presenta in maglioncino traforato, pantaloni dalla linea morbida e scarponcini, in scena un lampione stile vecchia Inghilterra in primo piano,  tema musicale jazz su "In viaggio verso me", scende dal palco e attraversa la platea cantando paralizzando i presenti.
"Mangialanima" (con incisi di
" I Heard it through" di Marvin Gayee "Come ti senti", ci trascinano tutti a cantare e ballare incalzati anche dagli strumenti a fiato. E poi è la volta dell'atteso medley stile motown :
"Signed sealed delivered I’m yours” di Stevie Wonder, "Beware" di Ann Peebles,
“Sunny” di Bobby Hebb ( e qui un plauso va a Peter Cornacchia per l'eccelso assolo di chitarra), “Move over” di Janis Joplin, “Nutbush City Limits” di Tina Turner, è un delirio!  "Un finale diverso" ci vede tornare nei ranghi, si fa per dire! Finchè non si inginocchia intonando "Rehab" illuminato dalla luce soffusa del lampione,  quasi a cappella, accompagnato solo dalle percussioni e poi dal battito ritmico delle mani dei musicisti e terminata con un filo di voce. Ne usciamo tutti con gli occhi lucidi.
Riprende "The fool on the hill" che personalmente avevo sempre guardato con distacco...bene, mi ha preso per mano e obbligato a seguirlo anche qui, ad amarla, quasi sapesse e non ti permettesse un minimo di distanza da ciò che interpreta e che fa suo. E' incredibile!
La sorpresa di   “The switch” dei Planet Funk accompagnato dal sax, che è il tipico esempio di come ti fa sentire quello che lui sente. L'immancabile "Dove si vola", "La guerra", molto ritmata che non si riesce a stare fermi. Lui scende di nuovo tra di noi, scherzando e ringraziando il suo team finchè non si ferma proprio accanto a me leggendo i crediti proiettati sulla parete. Che strana sensazione pensare che parlo di lui sistematicamente e confidenzialmente attraverso questo blog e pur avendolo a pochi centimetri di distanza non potergli rivolgere la parola!! Inutile dire che dei crediti non ho capito niente, ho realizzato solo dopo che tutti cantavano "No more no more" ( Hit the road Jack) !!

Infine finge l'uscita dal palco, si siede in terra, si spengono le luci e tutti assecondiamo il suo gioco urlando affinchè torni per il bis.  Riprende con "In un giorno qualunque" con l'incipit completamente trasformata stile western, mi attraversa l'immagine di cowboys con le chitarre intorno al fuoco sotto alla luna piena. Lui invece si sdraia sul palco e canta così fino in fondo, allungando la mano verso il "cielo"
"Uranio 22" e il bis non previsto di "Come ti senti" che ci vede accalcati sotto il palco sotto esplicita richiesta di Marco chiudono questa serata magica trascorsa come al solito troppo in fretta.
I miei complimenti vanno anche alla direzione artistica e alla band che ha completato egregiamente il tutto, i ragazzi sono giovani ma forse proprio per questo carichi di entusiasmo, bravissimi!
Conclusione?  Marco è tornato indietro, è rinato a nuova vita ma cresciuto, maturato, supportato da persone che credono nel suo talento e lo incoraggiano ad esprimere la sua vera natura ma se solo conosco un pochino le sue doti di sperimentatore non credo sia finita qui e non oso pensare dove voglia arrivare. Anche perchè è risaputo che migliora a vista d'occhio e ogni volta non è uguale alla precedente, allora cosa succederà all'ultima data, il 27 maggio a Roma? 


(foto di Germano Pozzati)









2 commenti:

  1. stupenda recensione Carmen complimenti<3

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  2. che bella!! complimenti!! si vede che è stata scritta con il cuore....bravissima!

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